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Sono un influencer, e lo sapevo.

Sono un influencer, e lo sapevo.
27 Febbraio 2013 Rocco Rossitto

Spesso si parla di “influencer” in queste situazioni: per me influencer non è una brutta parola se si intende un utente che riesce a stare al centro delle conversazioni su un determinato argomento.

E’ una visione mia del termine, lo capisco.

Provo a spiegarmi ancora: se per influencer si intende uno che ha migliaia di follower, e fa un tweet con “Che bella questa macchina fotografia NOME MACCHINA FOTOGRAFICA” e la gente va a comprarsi la macchina, ecco allora non rientro in questa categoria e penso che chi crede in questa categoria sia tanto stupido quanto furbacchiotto. Roba alla Klout per intenderci.

Se influencer (o come cavolo vogliamo definirli) sono utenti che invece riescono ad essere al centro di conversazioni che accadono in rete su determinati argomenti e riescono ad intrecciare le loro conversazioni con altri utenti che li retwittano, rispondono, inseriscono in liste, li seguono e via dicendo allora la “figura” dell’influencer prende dei connotati più “umani” e soprattutto veritieri e in questa mi ci ritrovo. E ribadisco: questo non vale sempre, non vale per tutti i tweet, vale per alcune situazioni in particolari.

Top 10 influencer alla Social Media Week Milano

Così alla Social Media Week Milan, dove ero stato invitato per raccontare sui social media l’evento, uno società americana Syntesio, ha realizzato una classifica globale e per città di utenti che su twitter sono stati “influenti”. Qui Syntesio spiega brevemente come calcolano l’influenza attraverso un loro algoritmo proprietario. Quindi non troverete la spiegazione al 100%, altrimenti sputtanerebbero il loro algoritmo.

Il risultato è che sono stato più al centro delle conversazioni tra gli utenti che hanno twittato con #smwmilan.

Era già successo qui, qui, e qui. Per questo scherzando, nel titolo, ho messo “e lo sapevo”.

Altri numeri che mi riguardano.

Ho chiesto ad una amica ‘analista’ se poteva darmi qualche numero, borbottando mi ha detto di non rompere, ho insistito, ha borbottato, ho insistito: “696 tweet, ricevuto 960 mention (compresi RT)“. Non sono riuscito a tirarle fuori altro.

Nel frattempo Tweenty feet che uso un po’ per monitorare l’andamento del mio profilo Twitter mi dice
I numeri non tornano perfettamente perché bisogna vedere il periodo esatto in cui si contano le metriche e anche qualche off topic. Qualche tweet non era con #smwmilano durante la settimana. Certo è che ricevere 1k di mention è stata una botta, idem per i 586 RT ricevuti

Birdbrain app che uso per sapere chi mi followa e chi mi defollowa mi dice che dal 18 febbraio al 22 febbraio 192 utenti hanno deciso di seguirmi e 40 di defollowarmi.

A che servono tutti quei numeri?

A farmi prendere in giro da quegli amici che non capiscono perché mi invitano agli eventi.  Dico loro: vedi, sono un influencer e loro capiscono, ridendo.

La verità è un’altra, la quantità non c’entra nulla, conta il modo di essere. L’ho scritto e riscritto: bisogna superare il modello per cui se hai più follower sei più bravo, ma andare verso una direzione che punti a capacità di narrazione e storytelling. Questa è un discorso che pian piano sta entrando nella testa di agenzie e organizzatori di eventi.

Io ho alcune idee ben precise in merito.

Ci sto lavorando sopra…