…altri vecchi articoli dalla sezione MUSICA provenienti dal vecchio blog.

Musicsharing#20

Con un po’ di colpevole ritardo presentiamo tre dvd pubblicati negli scorsi mesi. Il primo è un doppio. “Neve Ridens un giorno” e “Il rumore dei libri”. Autore Marco Parente, di cui abbiamo raccontato le “gesta” musicale degli ultimi anni, è una delle espressioni più interessanti, profonde della scena (non più “nuova) cantautorale italiana. Che mischia la poesia al rock, all’elettronica ad un’anima profonda e ispirata. In “Neve ridens un giorno” Marco Parente viene “ripreso” in cinque “esplosioni” in più punti della città in cui vive: Firenze. Il giorno è il 28settembre 2005, data di pubblicazione del primo dei due cd intitilati “Neve Ridens”. Alla differenza dei luoghi dove avvenne l’esibizione, il filo d’Arianna che li unisce è la magia e lo stupore di chi suona e di chi ascolta. In “Il rumore dei libri” è ritratta la performance-conerto avvenuta lo scorso giugno a La Casa 139 a Milano.
In entrambi i casi il materiale è incandescente e non svelabile. Non un qualcosa in più (il rischio dei dvd musicali è questo), ma qualcosa di diverso rispetto alle canzoni presenti.

Sulla stessa scia il secondo dvd “Cesare Basile 14-06-2006”. Qui vale lo stesso discorso fatto per Marco Parente, non a caso l’etichetta è la medesima, ovvero la Mescal. Qui Basile presenta il live alla Casa 139, sia in formato dvd che in cd, con aggiunta di alcune tracce. Cesare Basile risulta più crudo e diretto e forse meno celebrale di Parente, ma i livelli rimangono alti e profondi.

Il terzo dvd invece non ha nulla a che vedere con i precedenti. Però, allo stesso modo, è una piccola perla. Ma collettiva. In scena va l’Hip-Hop Motel, con tanti gruppi della scena italiana, più RedMan, super guest straniera. Al di là della bravura delle performance, l’evento del Mazda Palace, prende forma ad otto anni di distanza dall’Hip-Hop Village, ultimo grande raduno di rapper nostrani.

Carta – Cantieri social


 

Musicsharing#19

Background: Oh! Inverted World del 2001 e Chutes Too Narrow del 2003 avevano oltrepassato il milione di dischi venduti nel mondo. Sono gli Shins e vengono dagli Stati Uniti d’America. Sicuro? Velo chiederete ascoltandoli. No, non sono sicuro, secondo me imbrogliano clamorosamente, perché il loro sound è così ubriacato di pop inglese Sixties che in america queste cose se le sognano. Però, nessun test del dna, per carità. Wincing the Night Away (prodotto dalla SubPop, 41 minuti 11 tracce) strega per freschezza, leggerezza e serietà con cui il pop può far l’amore con il rock, appesantendo il primo e alleggerendo il secondo. La critica, giustamente, li esalta. Qui ci limitiamo a segnalarli, a presente memoria, che del domani non v’è certezza.

Semplicemente Adjags. Con un titolo omonimo al nome della loro band due ragazzi provenienti dal profondo nord Europa presentano questo disco non etichettabile. Volgarmente verrebbe da dire: world music, ma loro a mezzo stampa invitano a saltare a piè pari questa definizione. Che suonano dunque? Suonano “Yoik” una forma tradizionale di musica nordica, lappone. In lappone, appunto, Adjagas esprime uno stato mentale tra dormire e stare svegli. Gli “Yoikers” hanno origine Sami, tribù lappone, nomade che conta, oggi, più o meno 60.000 unità. Dolci lamentele, arpeggi e ritmi lenti. Il resto è come una aurora boreale. Bisogna vederla per rendersi conto veramente di cosa si tratti: www.myspace.com/adjagas

Scendendo in verticale molto, ma molto più a sud, in Puglia Calasole raccoglie i canti di canti delle lotte bracciantili dei primi del ‘900. L’autore delle musiche è Umberto Sangiovanni che con la DauniaOrchestra reinventa i suoi, i ritmi e le melodie. Freschi sprazzi di cantautorato misto al jazz, misto al suono del mediterraneo. L’opera è dedicata a Giuseppe di Vittorio. Bracciante e sindacalista.

Carta – cantieri sociali


 

Musicsharing#18

A dover seguire le definizioni dovremmo parlare di un disco che “mescola Soul, Reggae, Jazz, Dub”. Qui però, l’opera di Emo, Remedy, è qualcosa che valica i confini perché non si limita alla mistioni delle parti per ottenere un ottimo risultato. Emo, suona un suo personalissimo sound che ti fa “ancheggiare” e ascoltare un buon pezzo. Ti fa muovere o ti fa star fermo ad ascoltare. Cosa rara avere entrambe le qualità. In più: è tedesco ma ha l’animo black, ha stile è bassi spessi. Ha anche delle collaborazioni del giro giusto: Boozoo Bajou, Les Gammas e Nu Spirit Helsinki. Apre il disco Little Black Bird, il resto è tutto in discesa: www.myspace.com/emodada

Continuando nella strada tracciata dal disco precedente, ma scendendo molto più giù, verso un ipotetico inferno musicale, troviamo nel girone della morte la Hip Hop Forever III. La compilation è compilata e mixata da dj Jazzy Jeff. Personaggio di culto nell’ambito hip hop americano che qui propone in 26 tracce un mappatura “black” per chi si fosse smarrito inseguendo effimeri successi commerciali di un suono un po’ troppo andato di moda ultimamente. Sia nel versione singola che nel doppio cd in edizione limitata si possono trovare nomi di culto, come Redman o A Tribe Called Quest.
www.myspace.com/djjazzyjeff

Chiudiamo il cerchio con una confessione: chi scrive non conosceva assolutamente Pete Rock, pur avendo ascoltato per anni gruppi con cui lui collaborava. Il disco in questione è un omaggio alla sua storia. Underground Classic è il titolo e ci si trova dentro parte del suo percorso che l’ha portato a collaborare con Public Enemy, House of Pain, Notorius B.I.G e altri ancora. Manco a dirlo: qui suona “old school” con battuta ipnotica, groove intensi e scratch al punto giusto. Le scoperte più belle, almeno in ambito musicale, vengono quasi sempre dal passato. www.rapsterrecords.com/peterock

Carta – Cantieri sociali


 

Musicsharing#17

Meglio tardi che mai! Nei mesi scorsi sono usciti una serie di dischi interessanti in “ambito elettronico” che qui segnaleremo velocemente con l’esplicito invito a frugare sul web per testarne la qualità. Si parte, però, con un’eccezione in uscita in questi giorni, con un’avventura che finisce. I Funkstörung, sono (erano!) una coppia di djs e produttori che hanno, negli anni, remixato di tutto, tra cui Bjork e Wu-Tang Clan. Sono riusciti a vivisezionare il pop e ricucirlo con abiti al silicio, sprigionando il calore dal ghiaccio. Il lavoro finale, appunto, s’intitola Appendix e l’aggettivo l’aggiungiamo noi: fondamentale.
100lbs è un disco fresco di ristampa. Risale al 1996, un secolo fa se si pensa ai passi che l’elettronica mondiale compie. Eppure quel geniale sconosciuto faceva già scuola. Qui si firma solo col cognome, HERBERT. Serve altro? Sì, sprazzi tecno, misti a elettronic dance music alla house. Più “rarities”. Nel passato c’era già il suono del futuro. Premonitore.

La saga (infinita) della Dj-kiks collection non finisce più. Per fortuna aggiungiamo. Tocca a Henrik Schwarz mettere in piedi la scaletta: e tra cose più acide ci trovi dentro Marvin Gaye e James Brown. Pace all’anima loro. Goduria nostra.

L’attività infaticabile di Senor Cocunut (al secolo Uwe Schmidt, come abbiamo più volte scritto su queste pagine) questa volta si tinge di “latino-america”. La raccolta, Fine Songs&Rare Versions va ben oltre al “the best of”, con quel gusto estremo e ben calibrato e quel tocco in più, elettrificato. Magico quando va a destrutturare Smoke on the water dei Deep Purple. Sacrilegio? Ma quando mai…

In chiusura due dischi “lounge” nel senso più intimo del termine. Il primo è degli Audio Lotion, un doppio dal titolo The Finer Essence, che appunto dilata i suoni, li rallenta, li spruzza con essenza di brasilian sound e si fa ascoltare. Il secondo ha un titolo che è un programma: Music for modern living, anch’esso doppio. E’ una compilation con vari autori, che a tratti si discosta dai suoi andamenti per graziose impennate e accelerate. Giunta al suo decimo anno qui si presenta con 21 tracce, dove per dovere di gusti personali si segnala il remixes dei Mo’Horizons.

Carta – cantieri sociali


 

Musicsharing#17

Quando l’effimero (una chitarra acustica?) si unisce al sacro (degli archi?) e una linea di contrabbasso a un voce dolcemente rassegnata possono succedere due o tre cose rare. Una di queste è Jarm July, l’attacco di Reservations dei Sodastream. Duo australiano dal cuore freddo e mani calde, delicate che sprigionano melodie e conforti per chi ne ha bisogno. Forma e sostanza delicata che scorre pacata, in un acoustic sound invernale, buono al primo ascolto, perché scarno di motivetti da ascoltare più volte. Diretto e introspettivo. Canzoni buone come il pane caldo al mattino.

Le dieci tracce di A brighter kind of blue di Nordgarden continuano su corde simili, alzando il tono dell’ispirazione, inserendo fiati e stregando a braccia aperte. Le temperature aumentano, seppur il nostro è Norvegese e il freddo lo lascia tutto fuori dalle sue canzoni. Dunque, A brighter kind of blue si poggia sulle peripezie da blues man di Terje Nordgarden e dalla semplicità della sua chitarra e dalla tromba che gira e rigira è sempre lì, magica.

Amata terra mia è il nuovo lavoro dei Radiodervish. Un disco con le versioni inedite di due canzoni di Domenico Modugno “Amara terra mia” e “Tu si na cosa grande”. La registrazione dal vivo dello spettacolo di “Amara terra mia – essere umani in costante movimento” e un dvd con due video Amara Terra Mia”, (regia di Franco Battiato) e GRAMSCI E L’HASHISH, quinto atto dello spettacolo “Amara terra mia”. Prezioso.

Raige&Zonta sono due ragazzi, giovani, uno di Torino e l’altro di Treviso, fanno hip-hop e con Tora-Ki firmano il loro primo cd insieme. Gli ingredienti sono classici, ma ben fatti: beat e rime incastrate. Perchè poi anche di “esercizi di stile” si nutre il rap, oltre che di vita vissuta.

Carta – Cantieri sociali


 

Musicsharing#15

Cisco, ex cantante dei Modena City Ramblers dopo essere traghettato ne La Casa del Vento approda, con La Lunga Notte, al debutto solista. Nel concreto: le canzone sono robuste come la forma fisica del suo cantane, sono canzoni “fatte a mano”, niente di sintetico o di poco genuino. Tradizione folk, ballate intense al doppio malto e liriche che narrano e denunciano. Alla produzione compare Francesco Magnelli e in ordine sparso: David Riondino, Don Gallo, Ginevra di Marco e Pino Caucucci. Un buon esordio

I Marsenne debuttano con Stolen Dresses riuscendo a colpire dritti in faccia senza tanti fronzoli. Trio bolognese della serie chitarra-batteria-basso e doppia voce si aggiungono a quella schiera di gruppi italiani che suonano “rock” ad alto livello pur vivendo nello stivale. Bravi

Il ritorno degli veneti Elle, con Bstrong invece non sorprende per nulla. Ci si aspettava un ottimo disco e così è stato. Geometrico e visionario il loro “rock” si costella sempre più di semplicità immaginifica e rarefatta magnificenza. Adorabili

Aggressivo e ritmato è Half Untruth degli Hogwash che si avvale della collaborazione amichevole di Alberto Ferrari dei Verdena. I due mondi sono distanti, anche se la dedizione alla causa resta simile. Gli Hogwash costruiscono, branodopo brano, un puzzle di vivido “rock” fatto di ballads pregevoli.

Chiudiamo con le follie sonore della prestigiosa WallaceRecords e del primo disco della Phonometak series in collaborazione con la Soundmetak di Xabier Iriondo. Di scena i romani Zu e gli Iceburn con esperimenti di distruzione del suono e frantumazione della forma canzone. Per palati “fini” e vogliosi di cose strane.


 

I viaggi di GianMaria Testa

GianMaria Testa è una delle espressioni più alte della scena cantautorale contemporanea. In questi giorni è in uscita il suo nuovo disco, Da questa parte del mare. Undici tracce impastate di profumi e disperazioni.
“Da questa parte del mare stanno quelli come me, sta il privilegio di non dover partire, per loro ho scritto. Verso la disperazione di chi ogni giorno prova la traversata con qualunque mezzo, anche a costo della vita, non ho parole.”

L’immagine presente lungo tutto il disco è quella della emigrazione. Come mai hai deciso di fare un “concept album” su questo tema?

“Noi siamo nipoti di gente che è partita. Due generazioni soltanto e abbiamo dimenticato cosa vuol dire essere a casa d’altri a spalar carbone. Ho scritto per me, per impedirmi l’indifferenza.”

Sei mai stato a Lampedusa o a Portopalo di Capo Passero, hai mai visto i luoghi dove arrivano i migranti nord africani?

“Ho visto, nel 92, due africani buttati da un peschereccio su un gommone attraccato vicino a riva. Uno di loro è morto sulla spiaggia. Io ero lì in vacanza…”

In “Il passo e l’incanto” scrivi (e canti) “e sono venuto qui tornando sul passo/sono venuto qui a ritrovar l’incanto”. Che importanza ha nella tua vita “il viaggio” e quanto conta il ritornare il luoghi che hai visitato e ritornare nel luogo di partenza

“Nella mia vita il viaggio è stato prima completamente immaginario, sono stato a lungo un “viaggiatore immobile”, adesso viaggio molto per la musica e torno sempre volentieri perché ho un posto dove mi aspettano e dove ho radici profonde. Ma in quella canzone chi torna sui suoi passi è qualcuno che cerca di ritrovare lo sguardo di una sconosciuta compagna di traversata. Gli occhi che gli hanno dato il coraggio di sopportarne il “delirio freddo”.

Tu per tanti anni sei stato un “migrante particolare”, sei stato forse ( purtroppo o per fortuna lo sei ancora) più apprezzato e conosciuto all’estero che in Italia. Com’è l’Italia e come sono gli italiani visti dall’estero, da lontano. E ancora come vedi l’Italia del dopo Berlusconi?

L’Italia è un paese amato per la sua bellezza, un paese desiderato. Ho conosciuto persone che senza avere alcun contatto diretto con l’Italia studiano la lingua italiana per il puro piacere di impararla. Certo che il berlusconismo non ha fatto una grande pubblicità agli italiani. In molti mi hanno chiesto: ma come avete fatto?. Per quanto riguarda questo “dopo” non mi faccio grandi illusioni, ma sono andato a votare perché mi sembrava comunque urgente il ritorno ad una qualche parvenza di democrazia.”

Chiudiamo con un nome di un autore a cui ti piacerebbe essere accostato

“Siamo più o meno il risultato di ciò che abbiamo amato, letto, ascoltato. Tutto il nostro prima sta, digerito, in quello che amiamo, scriviamo, cantiamo adesso. Mi sono reso conto che nelle canzoni si poteva dire tutto ascoltando De Andrè quando avevo 14 anni. Lui mi ha fatto scoprire Cohen e Brassens. Tutti quelli che hanno scritto canzoni per dire una qualche verità, anche piccola, hanno attratto la mia attenzione e continuano a farlo.”


 

Musicsharing#14

Questa settimana quattro compilation sfiziose caratterizzate per l’originalità dei brani in lista.

Abbiamo già parlato in queste pagine della compilation realizzata dalla !k7, etichetta tedesca, dal nome Dj-Kiks, ovvero un dj di fama internazionale che presenta una serie di brani. Questa volta, la 26a, tocca a Four Tet, dj anglo-iraniano che infilza 20 brani disgraziatamente diversi con risultati strepitosi. Di mezzo c’è un po’ di “old skool hip-hop”, dell’elettronica sperimentale, c’è Curtis Mayfield e altro ancora. L’eclettismo della selezione fa sì che per gli amanti del beat e del ritmo saranno soddisfatti. In più, come sempre, c’è una traccia inedita del dj che firma la raccolta. Qui suona Pocket, sintetica, ipnotica e rappresentativa dello stile di Four tet.

Juke Joint II è la seconda puntata della compilation edita dai Boozoo Bajou che dopo aver realizzato, lo scorso anno, il loro terzo disco ritornano alla grande in veste esclusiva di selezionatori. La mission è in direzione “root” con sortite nel soul, nel blues, nel reggae, nella black music e via dicendo. Tutto comunque sempre molto lento e “vergognosamente” pigro. Gli inglesi direbbero “it’s cool!”

Brazilectro session 8 è una doppia raccolta con 26 brani che scattano una istantanea nella vecchia e nuova scena brasiliana sia con autori “purosangue” che con “meticci” con spiccata attitudine verde oro. Qualche nome? Marcos Valle, Joyce, Jorge Ben and Azymuth, Mo’ Horizons, 4Hero.

Chiudiamo in bellezza con Esl Remixed: The 100th Realease of Esl Music, l’etichetta dei due Thievery Corporation che festeggia le 100 produzioni della loro etichetta, la Esl appunto. Segnaliamo come apice Ursula 1000 con Boop e Ocote Soul & Adrian Quesada. Il flusso sonoro è profumatamente down-beat.

Carta – cantieri sociali


 

Musicsharing#12

Ci sono vari modi di unire atmosfere folk-oriented all’elettronica. Questa settimana ne presentiamo tre, ad alto tasso qualitativo. L’apertura è per quattro giovani signorine californiane. Escono in Italia per Homesleep. Il loro debutto è The Demon Lessons e si chiamano The Ian Fays. Al primo ascolto si rimane folgorati per freschezza, spontaneità, dolce violenza e per quelle melodie cantate con voce strusciante, quasi strozzata in gola. Sensuale, decisamente sensuale. Mai volgare, intensa. Nessun calo di tensione nelle 11 tracce. S’inizia con Empry Alchohol Bottle, il resto andrà subito in circolo.

Sono inglesi, ma non basta. La verità è che sono tremendamente validi, concreti nella loro essere effimeri: chitarre acustiche, rasoi taglienti, tappeti elettronici, “spanish guitar”, banjo, “cellos” e via dicendo. I Tunng con Comments of the Inne Chours ritornano alla “grandissima” riuscendo a creare brividi pure in piena estate, dimenticando sudori e calori. Lì, in tutto il loro splendore snocciolano i loro ritmi intimi, i loro tormenti (ovvero le nostre gioie musicali), le loro 11 tracce. Arpeggi semplici, percorsi vocali corali, ritmiche essenziali a braccetto con sfaccettature di laptop emozionali.

Bastano pochi minuti per entrare dritti dritti nelle melodie di Cortney Tidwell. Da Nashville è al suo debutto e con Don’t Let Stars Keep Us Tangled Up fa subito centro puntando sulla qualità dei sentimenti e non sulla loro volgare dolcezza o ruffianeria. Le atmosfere si fanno private, i suoni metallici (all’occorrenza), le tastiere fumose e quando serve (“La La”) solo chitarra e voce a venire fuori prima dello spensierato ritornello. Di sfuggita sprazzi di sintetico che si amalgano benissimo con tutto il resto.

Carta – Cantieri sociali


 

Animalia, un videoclip tra uomo e animale

I Perturbazione lanciano il loro nuovo singolo, Animalia, attraverso un videoclipp animato che indaga il rapporto tra uomo e animale. E l’Oipa lo fa suo.

Tommaso Cerasuolo è un ragazzone simpatico e sensibile. Tommaso è il cantante dei Perturbazione. Il loro ultimo album, Canzoni allo specchio, è uscito nel 2005 per la Mescal e da qualche settimana c’è un loro nuovo video in giro per le tv e nelle radio. Si chiama Animalia. Fin qui nulla di rilevante, se non fosse che la canzone è bellissima e il video forse più e il disegnatore/regista del video è lo stesso Tommaso. E’ un “film” animato, un cartone d’autore. Soggetto? “Il difficile rapporto tra l’uomo e gli animali”. Altra cosa: il video è così particolare che l’Oipa (Organizzazione Internazionale Protezione Animali), una ONG affiliata al Dipartimento della Pubblica Informazione dell’ONU, ha deciso che il video potesse rappresentare le sue attuali campagne per sensibilizzazione in difesa degli animali da qualsiasi forma di maltrattamento.

Tommaso, com’è nato questo video?

Inizialmente l’idea era di abbinare ad ogni punto di vista un segno diverso, così da restituirne la “soggettività”. In un secondo tempo Marco Fantozzi, il co-regista del videoclip ed io decidemmo invece di raccontare una storia che rappresentasse progressivamente attraverso il segno il dissolversi della personalità del protagonista del video, il ciclista. Tutto inizia con colori naturali ed è “bucolico”, piano piano la violenza si insinua nel percorso che egli compie fino a disgregarne completamente ogni sicurezza. Di qui i colori più espressionisti e l’animazione sempre più disgregata. Disegnare uomo e animali in bianco e nero e fondali colorati nasce dalla combinazione di una scelta estetica e di “leggibilità” dell’immagine con la voglia di comunicare l’appartenenza allo stesso mondo animale di tutti i soggetti, ma è l’uomo a perdere sempre di più la propria personalità, il proprio segno. Non mi interessava raccontare la storia di un “buono”, di un “giusto”, ma far sentire tutte le contraddizioni di questo mondo.

E con l’Oipa?

“l’Oipa si è resa subito disponibile a collaborare utilizzando il video all’interno delle proprie campagne di sensibilizzazione. In futuro speriamo di poter collaborare ancora a manifestazioni organizzate dall’Oipa per sensibilizzare una sana forma di rispetto riferita alla questione “diritti degli animali”.
Ogni volta che mi capita di parlare di questa cosa io sottolineo molto che il video e la canzone esprimono un disagio nel rapporto tra uomo e animali, qualcosa che ti fa dire: “Non sono affatto in pace con me stesso”.


 

Vulcanology, colate musicali e visioni sonore

Tre giorni sulla sabbia catanese per un festival eclettico e vulcanico che spazia tra dj-set ed esibizioni live. Non mancherà l’arte con le ‘Tele da Sdraio’ curate da Sandra Virlinzi.

14, 15 e 16 luglio. Catania. La spiaggia della playa. Caldo sicuramente, ma alla sera in riva al mare tira aria fresca, dunque solo al calar del sole i decibel inizieranno vibrare. Sullo sfondo l’Etna, “a montugna” che anche negli affari di mare c’entra. Da queste parti c’entra sempre, “a muntagna”. Così il nome di questo festival è Vulcanology. Perché?
“Perché le energie che ho sentito nel momento in cui è partito questo progetto e che ho percepito da parte di tutte le persone che ne fanno parte mi hanno ricordato quando ho fondato la Right Tempo nel 1993. Assolutamente vulcaniche.”
A parlare è Rocco Pandiani, fondatore, appunto, dell’etichetta milanese Right Tempo. Sfornano robe jazz e non solo, robe all’avanguardia. E’ lui l’ideatore di questa tre giorni che vedrà sul palco gente del calibro di Tarry Callier, Roy Ayers, Amon Tobin, Soul II Soul Sound System, Heinz Tronigger dei Madrid de los Austrias e tanti altri ancora. Perché proprio Catania? “Catania perchè durante una vacanza in Sicilia, mi sono innamorato della città … e non solo. Catania anche perchè io sono cresciuto in un quartiere popolare di Torino a grande densità di Siciliani e il senso di appartenenza che sento nei suoi confronti è forte”

Quando hai pensato di organizzare questo festival?

“Quando il Blue Note aprì a Milano, nella primavera del 2003, da un giorno all’altro fui proiettato in una nuova dimensione. Mi ritrovai ad ascoltare dal vivo e conoscere musicisti che fino ad allora erano idoli che veneravo attraverso l’ascolto dei dischi. In quei momenti di duplice condivisione, come mai prima, sentii l’urgenza di dedicare parte della mia vita professionale alla magia della musica dal vivo, dalla musica proposta in diretta dagli artisti”

Come hai composto la lista degli ospiti, che ragionamento hai seguito?

“Allora, ho acquistato un quaderno in cartoleria e ho cominciato a fare una stesura del line up che avrei sognato di trovare in un festival. Ho avuto la grande fortuna di ottenere il 95% di conferme rispetto al mio desiderio originale. Per quello che riguarda la parte Arte, sò che Sandra Virlinzi ha fatto più o meno la stessa cosa. Un giorno mi disse che in questa occasione si sentiva che avrebbe potuto fare quelle scelte assolutamente libere e in base alle sue sensibilità improponibili in contesti precedenti”

Come si svolgeranno le cose, quanti palchi ci saranno?

“I palchi saranno due, nel senso che uno sarà dedicato alla musica e alle proiezioni video, mentre l’altro sarà l’allestimento della mostra ‘Tele Da Sdraio’“
Chi è lo spettatore tipo di vulcanology?

“Un essere umano, anche se cani, gatti, uccellini e pesci secondo me sono molto sensibili alla musica, che va dai 3 ai 100 anni che abbia voglia di trascendere attraverso la magia della musica e strabiliarsi con la sorpresa di ‘Tele Da Sdraio’. Un essere umano che possa apprezzare sia l’aspetto festoso che quello spirituale di Vulcanology e che verrà accolto con grande rispetto e attenzione”.


 

Musicsharing8

Dieci anni fa nasceva la serie DJ Kikcs prodotta dalla !k7, etichetta di punta nella scena elettronica mondiale. Al dj che compilava la raccolta veniva chiesto di inserire un suo brano inedito. Ora The Exlusive [!k7/Audioglobe] raccoglie in 14 brani il meglio di quegli inediti. Un must da far suonare che unisce le atmosfere profonde e jezzate del downbeat marchiato Kruder&Dorfmainster a quelle più oniriche dei Thievery Corporation o di Kid Loco. Che aumenta i battiti con Truby Trio e che arriva alla house con Tiga, che si impreziosisce di virtuosismi con la sensuale Annie. All’estremo Carl Graig, meglio noto come uno dei padri della tekno di Ditroit.

Między Nami Cafè [Audiopharm] è un’altra stilosissima compilation nata tra Berlino e Varsavia. Nella capitale polacca l’omonimo locale è un luogo di culto, ora ha anche aperto una filiale a Berlino ed ecco raccolte 15 tracce che festeggiano questo evento. Ci si trovano robe sfiziose tipo Smolik o Ursula Rucker con la Ensemble Du Verre o ancora Stina Nordestam. Il tutto assolutamente pacato, elettronico, intimo. Come dire: per molti e per tutti.

Infine, dulcis in fundo, si muove il boogaloo con Let’s Boogaloo vol.3. La ricetta è semplice: ripescare alcuni irresistibili stompers r&b, soul e funk dei favolosi anni ’60 e farli rivivere attraverso artisti contemporanei che maneggiano bene la scottante materia. Ne viene fuori una raccolta caldissima piena di buone vibrazione dove sia l’ascolto che l’inarrestabile ballo prendono forme e percorsi di una volta. Tutto il merito va alla etichetta milanese Records Kiks a cui saremo sempre grati per aver appagato i nostri sogni e bisogni di vestiti a fiori e camicie improponibili. Ottimo disco.

Carta – Cantieri sociali


 

EXIT MUSIC, SONGS WITH RADIO HEADS. IL DISCO DELLA SETTIMANA

Più che un disco della settimana questo è il disco del mese, o se ci vogliamo sbilanciare dell’anno. Sì, avete capito bene: dell’anno. Perché? Perché a toccare dei mostri sacri come i Radiohead si rischia grosso. Si rischia un operazione che potrebbe risultare un boomerang. Invece ecco che Exit Music, Songs with Radio Heads [Bbe/Rapster] spinge verso l’azzardo vincendo la scommessa. I nostalgici storceranno il naso. Non c’è dubbio. Non piacerà ad esempio la versione di Just con tanto di trombe e fiati in salsa hip-hop. E probabilmente non piaceranno le altre 11 tracce “rifatte” da dj e musicisti lontani dal quartetto di Oxford. Ribaltando l’ottica però, accadrà che proprio chi ha amato e ama in verticale i Radiohead avrà gaudio nel sentire la Nice Dream di Mattew Herbert, che sembra venir fuori da un carion viennese o la versione elettrofunk di In Limbo. High and dry in stile freejazz molto ritmato fa esplodere tutta l’attitudine (nascosta?) godereccia insita nella paranoie musicale dei nostri paladini. Bisogna averci fegato e voglia di scommette ché a cullarsi sugli allori si muore tristi. Dunque? Karma Police diventa 7minuti che iniziano con un leggero pianoforte, affiancato solo da un contrabbasso e uno spolverio di qualcosa, molto minimale, intima, per poi esplodere in un crescendo orchestrale dove il pianoforte si rinvigorisce e la ritmica segue percorsi suoni, lontani dall’originale: un delirio. Exit Music della Cinematic Orchestra chiude il disco, accarezzando le melodie e gli arrangiamenti, mostrandoci tutta la delicatezza di questa canzone.
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Metti una sera… con Dj Borrelli

Un protagonista indiscusso del clubbing catanese è Salvo Borrelli, sempre attivo sulla scena da molti anni.

Quanti anni hai Salvo?
8+2+6+4+10+7

Quando hai iniziato a fare il dj?
Circa 12 anni fa, tantissime feste e in particolare un appuntamento tutti i Venerdì in un localino di mia proprietà, Il Cachaca, dove io e Massimo Napoli tra un disco e l’altro uscivamo dalla consolle per andare a ballare con le ragazze più carine. Poi nel ’96 arriva il Taxi Driver.

Chi viene ad ascoltare un tuo dj set che musica sente?
Breakbeat, anche se una serata è fatta da vari momenti. Nel pre/danceflorr passo funky in tutte le sue sfaccettature (rare grooves/elettronico). Amo tanto anche le serate ‘’nodance’’ particolarmente rivolte ai ‘’beat downtempo’’, ed è in queste occasioni che il mio dj set spazia veramente a 360° prediligendo le misture tra jazz ed elettronica

C’è un pezzo che suoni sempre nelle tue serate, un portafortuna?
Non è un fatto di portafortuna è che James Brown è sempre James Brown.

Cosa ascolti nel tempo libero?
“Musica da salotto”: jazz, classica, elettronica e tantissime colonne sonore da Calle 54 a Paris Texas, inoltre ho il mio pezzo della felicità tutte le mattine appena sveglio: Metti una sera a cena di Ennio Morricone. La notte in questo momento è in testa il progetto di Peter Kruder ‘’Peace Orchestra’’ un disco che ha più di 4 anni ma che sa il fatto suo.

Mi hanno detto che suonavi la chitarra elettrica e che forse la riprendi per i live di Koom.h, confermi?
AAA CERCASI chitarra elettrica in ottimo stato colore rosso.

Puoi indicarci un dj o un produttore che ti piace particolarmente e segnalarci un disco in uscita da consigliare ai nostri lettori?
Dj Rocca del Maffia Sound System, con il progetto 2Blue: ‘’Light Transmission ’’ è disco uscito qualche tempo fa. Per il resto dj e produttori sono tanti magari se volete vi lascio la mia mail per una buona lista: djborrelli@bitfreax com

IL CURRICULUM

Non solo dj, produttore anche. Tre i progetti in cui è protagonista: Koom.H con Massimo Napoli e Salvo Borrelli, BitFrex con Dario “Blatta” Ajello e Dj Inesha: “una macchina da dancefloor miscelatrice di ritmi spezzati e potenti in versione rigorosamente Tech Breaks e Electro FunK” e infine S.Tommaso Project sempre con Ajello. A Catania ha suonato ovunque dal Taxi Driver al Banacher, passando per i Mercati, la Vela, Zo, il Clone Zone e tutti i posti che contano. E’ lo storico dj resident de La Chiave dove la sua serata quest’inverno è andata fortissima. Ha suonato anche a Roma, Bologna, Milano, Palermo, Siracusa, Messina. D’estate sarà il giovedì al Privee del Bancher e il sabato al Afro Bar. Il 27 ha suonato a Ferrara, con il progetto BitFreax, al festival HighFoundation 2005.
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Terry Carriel

Se si volesse trovare un anello di congiunzione, un filo rosso che unisce gruppi “cool” come Massive Attack, 4hero, Zero7 o gli svedesi Koop bisognerebbe cercarlo nella figura, enigmatica e influente di Terry Callier. La critica lo considera “la leggenda del folk nero americano”. Era il 1964 quando nella sua Chicago venne pubblicato per la Prestige Records il suo debutto: “The New Folk Sound Of Terry Callier”. Il titolo da solo varrebbe la candela.

Il succo è una miscela di suoni soul vecchio stampo uniti al folk, alla sua voce profonda e ai suoi testi visionari e contemplativi. Il personaggio però non avrà vita facile. Della sua musica ebbe a dire: “Avevo sentito Coltrane live e mi ero reso conto che la mia musica non aveva abbastanza spiritualità ”. A quel primo favoloso album seguì un periodo di silenzio, fino al 1972 quando incise “Occasional Rain” e poi di seguito “What Colour Is Love” nel1974, “I Just Can’t Help Myself” nel 1975 e nel 1978 “Fire On Ice” e “Turn You To Love”. Seguono anni difficili in cui Callier non riesce a trovare un contratto. Più la sua musica si fa interessante e meno interesse i discografici (ma non i fan che non lo abbandoneranno mai) provano per lui. Quindici anni di silenzio in cui per vivere farà il programmatore di computer: “Mia moglie è venuta ad abitare con me a Chicago e nel tentativo di fornirle una vita stabile ho dovuto lasciare il mondo della musica. Ho lavorato per circa 14 anni come programmatore.

Nel 1991 ho ricevuto una chiamata da Eddie Piller che era, in quel periodo, il capo della Acid Jazz Records in Inghilterra. Lui ripubblicò la traccia “I Don’t Want to See Myself (Without You)” che riuscì ad attirare una grande attenzione in Inghilterra e in Europa. Nel 1995 con l’aiuto di Gilles Petterson e Russ Dewbury mi è stato offerto un contratto con la verve record e ho registrando due cd per questa etichetta. Nel 1998 sono tornato a tempo pieno nel mondo della musica”. Il resto è storia dei nostri giorni, con i concerti sempre seguitissimi e le collaborazioni con i gruppi più in voga in ambito nu_jazz e non solo (tra cui quello con la folk-singer Beth Orton). Scherzando afferma di essere “più un fratello maggiore per questi gruppi che una guida. Apprezzo molto quello che fanno e il contributo che apportano alla musica. Già la musica, “è la via con cui io comunico al mondo. Relazioni personali, condizioni sociali e tutto ciò che sta in mezzo è da includere. La musica è anche il mio più grande sbocco creativo”.

Left-Avvenimenti


 

Flussi Sotterranei nella capitale del barocco siciliano.

A Catania il 23 e il 24 giugno la seconda edizione di Flow.er festival di musiche elettroniche. Una due giorni ricca di ospiti, tra live set e dj set, nel bel mezzo della tipica campagna siciliana, fichi d’india e fiori di gelsomino compresi.

Catania è la capitale del barocco siciliano, e da qualche tempo insieme a tutta la Val di Noto è stata dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità. Certo è che in questi anni è anche diventata capitale dell’elettronica. Almeno per il sud Italia. Comunque sia, il buon nome della città in fatto d’elettronica circola in tutto il bel paese e anche fuori: qui vi hanno fatto tappa i migliori djs europei e quando possibile anche quelli d’oltreoceano. Così accade che con la bella stagione ritorni il festival Flow.er flussi sotterranei, festival internazionale di musiche elettroniche. “La musica elettronica – dicono gli organizzatori – si presenta come un genere musicale di per sé stesso visionario e innovativo, futuristico e futuribile che incarna e rispecchia perfettamente i ritmi che scandiscono il nostro attuale vivere quotidiano. Il festival focalizza, nell’arco di 2 notti di passione sonora, una parte dell‘attualità musicale indipendente e dall’altra la magia dei flussi sotterranei”. L’organizzazione è curata dall’associazione culturale Mercati Generali, che sono stati e sono un po’ il centro di gravità permanente per tutto ciò che di innovativo c’è stato in città. Lo spazio sorge poco fuori il centro nella tipica campagna siciliana. Dunque, dj set e concerti in un palmento dell’800 con piante di fico d’india e fiori di gelsomino, palme e le immancabili piante d’arancio. Il programma è articolato e gli ospiti sono “illustri”. Per la parte live si esibiranno i Who Made Who, trio danese rapidamente liquidato come fenomeno “funk-punk”, Lindstrom & Prins Thomas, producer norvegesi molto richiesti in giro tanto che recentemente hanno lavorato con Madonna. Ancora tra i live set ci sarà quello di Donnacha Costello, astro nascente della scena minimal-tech europea. A metà strada tra un dj set e un live ci sarà Erlend Oye cantante dei Kings Of Convenience. La sua vena folk-acustica è sempre andata parallela con una passione per l’elettronica e la dance electro-pop anni ’80. Tra i djset invece spicca il nome di Gilles Peterson che tra le altre cose sforna compilation incredibili e un programma seguitissimo su BBC 1 in Inghilterra. E ancora Maverick – Goldie-Lox, l’italiano Populus (che incide per la prestigiosa etichetta berlinese Morr Music). Spazio anche alle realtà locali come l’esibizione live del trio Koom.H e di Pola (alias Tazio Iacobacci, anche lui incide in Germania per la 2nd Records), i dj set di Kikko Solaris e di Blatta & Inesha, duo catanese interessantissimo che si occupa soprattutto di break con ritmi spezzati e melodie acide, il loro recenti lavori per la Mantravibes hanno riscosso consensi ed appalausi. Il programma completo lo si trova su www.flow-er.com


 

YUPPIE FLU: TOAST MASTER

Ci sono tanti modi per raccontare un album. Uno di questi è quello di esprimere subito un giudizio. “Toast Masters” [HomeSleep/Audioglobe] è un album bello, che ti scuote. Un altro modo è quello di analizzare, in base allo spazio a disposizione, alcuni brani dell’album. “Our nature”, traccia 2, è la sintesi a cui gli YuppieFlu sono arrivati dopo 10 anni di lavoro, un misto tra indie-rock e garage-pop. Ovvero: rimanere fedeli alla propria linea riuscendo però ad aprirsi (e dunque a farsi ascoltare) senza sputtanarsi. “Europe is different” chiude l’album, una speranza, un’utopia, una ballata lenta. Comunque sia il quarto album degli YuppieFlu riesce ad alternare suoni più ruvidi a situazioni con attitudini più intime, momenti di rabbia e momenti di consolante solitudine. Promossi con la lode.

Carta – Cantieri sociali


 

Musicsharing#11

Cliccate www.rodgab.com, ascoltate e (vedete) il brano messo a disposizione. Se lo avete fatto realmente è inutile che vi leggiate il resto, andate giù e leggete degli altri dischi. Ci sarebbe poco da aggiungere: sono due fenomeni. Rodrigo y Gabriela [Ruby Works] sono due musicisti bravissimi. Due chitarre acustiche suonate divinamente e un suono che potrebbe essere chiamato “flamenco”, ma che in realtà è molto di più. E ci infilano anche Stairway to Heaven dei Led Zeppeling e Orion dei Metallica. Superlativi ed eleganti. Travolgenti.

Grande orchestre du comptoir de Marrakech non è una solita compilation anche se è nata in un famoso ristorante di Marrackech, il Comptori Darna. Qui trattasi di un’orchestra che ha suonato il suo repertorio classico e tradizionale e di alcuni compositori e musicisti (Nicolas Mingot, Pimi Arroyo e Jamal Slitine) che in un secondo momento hanno filtrato “l’oriente” con il jazz, una delicata dance, uno “sgulp” di blues. A manovrare il tutto, producendo, Claude Challe. Un nome una garanzia.

Al francese Kad (di origine algerine) fare una scelta netta, evidentemente, non interessa e dunque si mantiene in bilico un po’ moderno, un po’ retrò. Un po’ anche di mediterraneo calore che non guasta. Il resto di Societè, suo secondo lavoro, è d’ascolto soft, lounge, alla moda nei locali giusti, come giusta colonna sonora. Coraggiosa la cover dei Nirvana Come as you are.

Per chiudere, in bellezza, un doppio cd per intenditori: Route de la Slack Remixes & Rarites. Loro sono gli Swayzak, ovvero James Taylor e David “Burn” Brown. Dentro c’è un po’ di tutto della loro produzione (di remixes e non solo) che dura da 10 anni. Cose rare soprattutto: da schegge trip hop, a lampi drum’n’bass.

Carta- Cantieri sociali


 

Elettro-pop made in Puglia

Quattro chiacchere con la bella Matilde de Rubertis front-women degli Studiodavoli su Decibel for Dummies, secondo album della giovane band salentina.

Gli Studiodavoli sono pugliesi dall’animo internazionale. Giunti al loro secondo lavoro virano verso un suono pop intriso di elettronica e situazioni vintage, atmosfere lounge e un pizzico di nostalgia beatlesiana. Cugini terroni degli Stereolab e dei Cardigans (ve li ricordate ancora?) sono capitanti (se non altro per la bellezza) dalla intrigante Matilde de Rubertis. Con lei il fratello Gianluca alle tastiere e alla voce, Gianluca Belgiorno al basso e Riccardo Schirinzi alla batteria.

Matilde, come nasce Decibels for Dummies?

Prevalentemente in casa, davanti al computer. Ognuno di noi faceva dei provini al pc, a volte con
l’aiuto e l’apporto degli altri, altre volte completamente da solo. In pratica in un modo del tutto diverso da Megalopolis, disco più che altro da sala prove, nato e cresciuto dall’esecuzione live di tutti e quattro gli “Studiodavoli”.

Che differenze rispetto al vostro precedente album?

Le differenze stanno proprio dalla struttura delle canzoni, fino ad arrivare agli arrangiamenti, al lavoro in studio e all’impegno con cui l’abbiamo registrato. La differenza sostanziale è che Megalopolis in realtà e una demo e non un disco a tutti gli effetti! L’abbiamo registrato sempre al Sudestudio di Campi Salentina, ma con l’intenzione di una demo da far girare un po’ in giro, visto che ancora non avevamo nessuna etichetta. Poi abbiamo conosciuto Nicolò di Recordkicks (l’etichetta che li produce, ndr) e lui ha voluto pubblicare il disco così come l’aveva ascoltato, a parte qualche piccolissima modifica e l’aggiunta di due canzoni!

I vostri sono testi autobiografici?

Nella maggior parte dei casi no! Almeno per quanto mi riguarda.
Prendete mai spunto dalla letteratura?
Io e mio fratello Gianluca siamo degli appassionati di fantascienza! Mio padre collezionava i romanzi dell’Urania, la collana di fantascienza ormai diventata di culto. A casa siamo completamente sommersi da questi vecchi libri e quindi ci siamo appassionati alla lettura sin da ragazzini. Megalopolis è il titolo, un po’ abbreviato, di uno di questi romanzi: Megalopolis 2073.
E Decibel for Dummies, lo avete prese dai libri di vostro padre?
No, anche se doveva avere un titolo diverso preso da uno di questi libri, ma una serie di eventi sfortunati ci anno fatto cambiare idea.

Da dove nasce allora questo tiotolo?

Da un libro di Bob Katz (uno dei più famosi fonici americani) dove uno dei paragrafi titolava appunto Decibels for Dummies. Ci siamo tutti e quattro illuminati sia per come suonava il nome, che per quello che poteva significare scegliendolo come titolo del disco, e così è stato!

Fammi due nomi di musicisti italiani che ti piacciono.

Naturalmente Populous e Giorgio Tuma. Se tutta la musica italiana fosse così, sarebbe davvero un sogno!

Gruppi stranieri viventi che vi piacciono.
Sicuramente quelli che possono essere menzionati a nome di tutti e quattro sono : gli immancabili Stereolab, gli Air, gli Zero 7, i Motorpsycho Belle and Sebastian, e tanti altri…


 

Musicsharing#13

L’attacco è da elogio: Mattew Herbert con Scale [!k7] serve su un piatto d’argento un disco morbido su cui gli spigoli creano sussulti senza danni. S’impone una forte attitudine d’ascolto mantenendo viva la struttura dance. Gli spifferi si gonfiano soffiando ventate di jazz, tecno e house con reminiscenze anni ’80 in alcune situazioni (Moving Like A Train). In Harmonise la struttura ritmica frammentata è sormontata da una melodia che rende il tutto molto pop e sbarazzino. Un piccolo capolavoro Something isn’t right, con tre voci (due maschili e una femminile, Dani Siciliano) che si incrociano come fumi vellutati disegnando ghirigori. Liquido!

Seňor Coconut è uno dei tanti alias di Uwe Schmidt ecclettico musicista tedesco trapiantato in Cile da diversi anni. Conosciuto anche come Atom Heart o Flanger, da sempre ci ha abituati a lavori sopra le righe. Di turno è “Yellow fever” [EsseyRecords] ovvero la rivisitazione di brani della celebre Yellow Magic Orchestra di Haruomi Hosono e di un giovane Ryuichi Sakamoto. La band tra la fine dei ’70 e gli inizi degli ’80 fu tra i pionieri del techno-Pop. Qui si frulla il tutto con atmosfere rilassate, mambo e merengue. Calore latino e spumeggiante buon gusto. Grandioso!

Cos’è il Diggin’? “Un genere che nasce dall’ossessiva ricerca di artisti e brani sconosciuti che vanno dalla disco al soul-funk, dalla musica latina al jazz-funk”. Così si presenta The Kings of Diggin’ [Bbe/Rapster] a cura di Kon&Amir e DjMuro. Doppio cd che, appunto, spennella in 61 tracce suoni eccentrici selezionati con raffinata precisione e che ripropongo ambiti musicali sopracitati. Molto ambient certo, ma con sostanza e non con la puzza sotto il naso. Un buon affare!

Carta – Cantieri sociali


 

Feeldmann – Watering tress. IL DISCO DELLA SETTIMANA

Dietro la semplicità di chitarre sommesse a volte si cela la complessità di frammenti di vita personali. L’implosione, a volte, crea scompensi maggiori di una fragorosa esplosione. E’ dietro questo gioco di pieni e vuoti che si nasconde l’avventura Feldmann. Al secolo due musicisti catanesi con strade e percorsi diverse che si incontrano grazie ad una etichetta toscana, sensibile e intelligente. La StoutMusic di Alex Forniti ci ha più volte convinto con produzioni dalle stesse tinte e con Watering trees non si smentisce. Il filone è quello delicato e carico d’energia. La formula prevede due musicisti con all’attivo vari progetti. Tazio Iacobacci con i suoi Tellaro incide per la tedesca 2end records , mentre Massimo Ferrarotto a Milano con Paola Maugeri mette su i Loma.

Il suono, si diceva, è l’intreccio continuo delle chitarre e delle voci, la batteria accompagna, seria nell’incessante andare, ad esempio in Bloos 354. Le voci, appunto, tendono a confondersi e perdersi mantenendo eguale longitudine e latitudine in una cartografia musicale votata allo smarrimento. Suonare per credere The Grass. In A cup of the e in The Gold Ring ci si lascia coltivare addosso i segni e i sogni di una voce accennata e di un giro di chitarra foderato di cotone come una ninna nanna lenitrice. Le 11 canzoni si sbriciolano all’ascolto e della fragilità di queste tracce resterà tutta la loro forza celebrativa. Buona la prima, speriamo in un seguito.


 

MUSICSHARING#10

Se un solo disco non basta per iniziare bene è con un doppio che vogliamo aprire questa settimana. Songs for Another Place è due volte interessante. Il prezzo: sui 17 euro. Il progetto: due etichette indipendenti (la toscana Urtovox e la tosco-campana Awful Bliss) riunite da un’idea da “un manifesto circa il nostro bisogno di nutrirci di belle canzoni e di buona musica. Un mezzo ambizioso per abbattere ostacoli territoriali e mentali e per soddisfare il nostro bisogno di bellezza , nella musica come nella vita.” Sante parole e santa musica. In ordine sparso: Giardini di Mirò, Songs for Ulan, Rosolina Mar, Midwest, Franklin Delano (per l’italia); Jeffrey Luck Lucas, Faris Nourallah, The strgglers, The Cannery (per il nord america). Il mood è acustico e introspettivo, quasi un rito per anime inquiete.

E di belle canzoni Beloved One di Lou Rhodes è pieno. Sì, 10 bei momenti anche questi molto raffinati, quasi nascosti, esposti con pudore. Lei è l’ex voce dei Lamb, duo elettronico che unì magnificamente ritmi electro a melodie pop scatenando critiche positivissime. Buon sangue non mente e ora, eliminata la componente musicale computerizzata, resta tutta la linea melodica, col suo carico d’energia. Già all’inizio con il fraseggio acustico di Each moment new avrete assaporato l’impronta e un brivido vi scuoterà con garbo.

Con In The Land of the Sun dei Satellite Inn chiudiamo il cerchio, aprendo le porte a quest’ultimo loro lavoro. Le loro ballate acustiche, il loro folk rock fatto di violoncello, banjo, piano e organo, chitarre e armoniche crea, come già in passato, storie fosche. Splendenti. Nello specifico trattasi di un concept dove i protagonisti si raccontano. Piccoli frammenti, tra vita e palco. Avvincente.

Carta – Cantieri sociali


 

MUSICSHARING#9

Segnalazioni eterogenee made in italy questa settimana. Apertura dedicata al ritorno (attesissimo) dei torinesi Mau Mau. Come al solito il loro è un puzzle (molto ben riuscito anche questa volta) di rock, reggae, etnico, percussioni, fiati, odori, sapori, immagini. Dea, questo il titolo, è un fresco affresco di quel che potrebbe essere definito “tropicalismo piemontese”. Il lavoro viene “sciacquato” (e in parte registrato) in Brasile, a Sao Paolo e a Salvador de Bahia, ma anche nel salento. La partecipazione di Terron Fabio e Don Rico dei Sud Sound System in La Casa Brucia lo testimonia alla grandissima.

Con Occhi Chiusi, gli En Roco giungono al loro secondo lavoro. La strada della maturazione è ben intrapresa e loro si spingono in bilico tra la forma pop della canzone e quella indie per una buona mezz’ora. Un po’ di qua e un po’ di là. La critica li apprezza e i loro testi non sono per nulla banali. Applauso!

Nessuno lo saprà è un reading per voce e band rock’n’roll. La voce è quella di Enrico Brizzi (quello di Jack Fruscante e autore del libro Nessuno lo saprà), la band è quella bolognese dei Frida X. Il tutto sotto l’egida della etichetta Black Candy. Le tracce di questo cd dunque, come detto, scorrono ruvide tra parlato e cantato, tutto sempre molto teso e palpitante. Tutto molto “poetico” tutto molto “rock”.

Lele Battista è l’ex leader de La Sintesi, quelli che Ho mangiato la mia ragazza. Finita quella esperienza, ecco Le Ombre, 11 canzoni da solista, “ombrose” e molto intime. Testi a sfondo amoroso. Nulla di banale e molto rock-pop, un passo indietro dal precipizio senza molto sprecarsi ma mettendoci il cuore.


 

Etta Scollo – Canta Ro’ in Trio. IL DISCO DELLA SETTIMANA

“Non era nelle mie intenzioni pubblicare un secondo album in memoria di Rosa, tanto meno ancora in una forma così ridotta e perennemente in bilico fra le corde di un fiddle e il soffio di una conchiglia. È stato il mio pubblico a spronarmi a questo lavoro, un pubblico tanto diversificato quanto i luoghi in cui hanno trovato palco i concerti dedicati a Rosa Balistreri. Un viaggio intrapreso inizialmente fra le quattro mura di una sala, provando e riprovando i brani, cercandone i suoni in questo o quello strumento fra i tantissimi che Frank Wulff e Hinrich Dageför posseggono, fino a trovare la nota giusta”. Queste le premesse di Canta Ro’ in trio [Premium Records].

A parlare è Etta Scollo protagonista di questo lavoro così emozionante da far accapponare la pelle. No, non stiamo esagerando. Questo disco così pieno di radici intrecciate alla terra (di Sicilia!) riesce a farsi annusare fragoroso, intriso di sacro e profano di una voce così splendidamente vellutata.

Le canzoni sono opera di quella Rosa Balistreri, “folk singer” siciliana di altri tempi. In questi, di tempi, Etta Scollo, vive nella multiculturale Berlino dove è seguitissima (ma in Italia?), come nel resto della Germania, ma anche lei proviene da sud, dalla Sicilia. Il legame è forte, è vivo e vibra in questi suoni registrati a Ghibellina (città dove la Balestrieri cantò dopo il tragico terremoto del 1968). La magia è rotta solo dai forti applausi alla fine di ogni brano. La chiamano “world music”, ma qui parla in siciliano con gioiosa eleganza.

Carta – Cantieri sociali


 

Musicsharing#7

Condannati per associazione di stampo elettronico. Questa potrebbe essere la sentenza emessa da una improbabile giuria internazionale di puristi dell’Hip Hop. Per fortuna non è la prima volta che questa strada viene percorsa. Però qui non tanto la novità quanto la qualità spicca. I Five Deez con Kommunicator [Rapster Records] riescono laddove altri hanno, in parte, fallito. 11 tracce dove esperienze ed esperimenti sonori d’avanguardia si fondono con le liriche hip hop. Si ascoltino From Sorrow, So Good e When The Silente Is Gone per avere un buon assaggio.

Ci sono delle volte in cui una martellante cassa dritta (quel battito che caratterizza e identifica spesso la musica House) riesce a prendere percorsi alternativi. Certo, Fieber [International Deejay Gigolo Record] di diritto dovrebbe essere suonato in qualche club nuovoloso, ma anche nel lettore di casa ha un suo perché. Oliver Huntermann fa esplodere in tracce lunghissime tutto il suo pensiero in materia facendosi ascoltare a patto di una buona apertura mentale.

Stesso discorso per il doppio cd Compilation9. Le tracce sono selezionate da dj Hell e l’etichetta è la già citata International Gigolo. La variazione consiste nei differenti autori e in numerose tracce cantate. Anche i ritmi si frammentano e la cassa dritta appare e scompare. Folgoranti i DAF con Der rauber Und Der Prinz e Linda Lamb con Twins.

Chiudiamo questa colonna con il brasiliano Edu K. Il titolo del disco è Frenetico [Man recordings] e ci dovremmo essere già capiti sull’andazzo. In realtà trattasi di un disco di Baile Funk che mischia elettronica, funk e ritmi brasiliani. Cantato in inglese in brasiliano si presenta come un intruglio strano e carico di impeto. Frenetiko appunto.

Carta – Cantieri sociali