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Ho avuto il piacere di partecipare (raccontando sui miei canali social e su FrizziFrizzi) alla prima edizione del festival Risonanze, in Friuli Venezia Giulia, in località Malborghetto-Valbruna (che poi sono due posti vicini, ma il comune è unico)

È stata una esperienza molto forte, per tanti motivi, tra questi:

  • ero con Simone Sbarbati e quando c’è lui non si parla più di singoli viaggi, ma di molti viaggi. Non di singole esperienze, ma di multi-esperienze;
  • la location: non conoscevo Malborghetto, non conosce Valbruna, non conoscevo la Val Saisera, non conoscevo la foresta di Tarvisio, non conoscevo il legno di risonanza, non conoscevo nulla ed è stato uno stupirsi dietro l’altro;
  • ho un debole per le montagne, il fresco fuori stagione, i fiumi aridi da attraversare a piedi, le passeggiate sotto la pioggia, la musica fuori contesto;
  • conoscere un gruppo di ragazzi che pensa, progetta e realizza progetti come Risonanze (o Altre memorie) è una fonte inesauribile di ricchezza e ispirazione

Quattro “semplici” motivi che mi hanno fatto innamorare di questo progetto e di quei luoghi.

Come dicevo sopra, di getto ho scritto un “resoracconto” dei miei giorni di Risonanze, questo l’attacco:

Il cielo azzurro, poi l’alta quota e le nuvole. L’atterraggio, il passaggio in stazione, un lungo abbraccio. In macchina verso le montagne. Eccole lì, alte con ancora un po’. Le montagne, il silenzio, i prati. Subito Paolo Rumiz con storie di confine, di guerra, di morti, di soldati della prima grande guerra, di campi abbandonati, di silenzi. Ancora storie di silenzi. Di una Europa che era più Europa. Di una guerra non ancora finita.

Il frico. La polenta. Il montasio. Il bianco. La birra. I liutai e la grappa. I prati, i fiori colorati, la foresta. Il ponte. Il fiume secco pieno di pietre, arido d’acqua, ricco di memorie, ricordi.

 

Qui il resto del testo e delle foto.

Come dicevo, con me c’era pure Simone e anche lui ha scritto un post di racconto di quei giorni: “Stiamo camminando da circa mezz’ora. Seguiamo le nostre guide, che s’arrampicano rapide tra i sentieri. Ascoltiamo i nostri passi. Ascoltiamo i nostri respiri. Guardiamo per terra, gli occhi puntati sui piedi di chi sta davanti, attenti a non calpestare, attenti a non restare troppo indietro.”  Qui il resto del testo scritto da Simone e le sue foto

 

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La chiudo così

È ancora bello trovare posti che hanno il piacere di farsi scoprire, persone che sento il bisogno di ricordare, silenzi che meritano di essere ascoltati.

Alcune info tecniche, a margine: