Città in progress Sonorità electro e dance (anche da esportazione). Produzioni giovani d’arte e design. Esperimenti di giornalismo investigativo. La nuova, sorprendente, energia di Catania

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Il suono della nouvelle vague alle pendici dell’Etna è quello, grezzo e sporco, di due dj electro che fanno molto parlare di sé. Ragazzi che picchiano duro, Blatta&Inesha: partiti da Mad in Sicily, un party mensile ai Mercati Generali di Catania, suonano adesso nei club di mezzo mondo.

Dj, ma anche produttori, per etichette americane, inglesi, francesi e non solo. Sono la punta di un iceberg che scende in profondità. Catania non conosce pause, almeno nel giro di chi produce cultura. Quest’area della Sicilia ciclicamente riesce a creare fermento nella musica, nelle arti visive, nella comunicazione e nella nightlife. “Il vivere e lavorare qui a Catania – racconta Inesha – ci ha portati ad avere un sound più nostro, perché non siamo soggetti ai trend immediati che, vuoi o non vuoi, in grandi città come Milano arrivano prima”. Gianluca Runza, giornalista e organizzatore di eventi importanti come Bass Boutique o lo stesso Mad in Sicily, aggiunge: “Qui fai fatica, ma trovi molta più gente che fa e produce: c’è più fame che altrove. Ogni risultato che raggiungi, lo devi a te stesso e a nessun altro”. In ambito dancefloor, oltre a Blatta&Inesha, Kikko Solaris suona in giro per l’Europa. Rubens Garofalo alias Doc Trashz ha 23 anni, e i suoi remix girano in Germania, America, Inghilterra. Band come i Locomotif hanno avuto successo all’ultimo evento Mei, i We Love Mamas sono da poco rientrati dal primo minitour oltre lo stretto e a breve pubblicheranno il primo disco. I Diane And The Shell lavorano a un album per la texana Australian Cattle God Records, con il mixaggio del batterista dei Tortoise.

Il collettivo jazz Improvvisatore Involontario, nato a Catania intorno al poliedrico batterista Francesco Cusa, raccoglie musicisti da tutta Italia e va forte all’estero. Questa città non ha fame solo di musica. Negli ultimi tempi sono nati nuovi spazi espositivi: alcuni mainstream, altri underground. Il Bocs, Box of Contemporary Space, è una “scatola” nuda e cruda nel cuore del quartiere popolare Angeli Custodi: tra marzo e aprile ospiterà l’artista svizzera Veronica Tanzi per una residenza creativa di un mese e una personale. La Fondazione Brodbeck ha trasformato una ex fabbrica di liquirizia in un luogo per l’arte che accoglie artisti internazionali emergenti. I catanesi che sono rimasti raccolgono consensi e trovano terreno fertile in tutto il paese.

Filippo Leonardi, con le sue installazioni, tenta di capovolgere i codici prefissati di conoscenza, evidenziando i paradossi che la realtà stessa contiene: “Non più nessuna danza” è stata esposta al Parco Arte Vivente, Centro sperimentale d’arte contemporanea di Torino. Nella stessa città, il Museo Nazionale del Cinema ha dedicato una retrospettiva all’opera del collettivo Canecapovolto. Ancora: Federico Baronello, Loredana Longo, Filippo La Vaccara, Francesco Insinga e Giuseppe Lana sono tra i nomi più interessanti in città. Hanno un rapporto intenso con questa terra, di odio e amore.

Probabilmente la periferia porta a guardare le cose in modo più viscerale e facilita la creazione. Giuseppe Parito dello studio Monoarchitetti, che negli anni scorsi ha realizzato due spazi polifunzionali molto importanti come Zo e Scenario Pubblico, lavora in maniera diversificata: oltre a essere un architetto, a curare piani di comunicazione, a creare brand-identity, insegna graphic design all’Accademia di Belle Arti. Dice: “Catania è un punto di attrazione per la Sicilia, per chi vuole fare esperienze formative importanti. In Accademia vedo cose molto interessanti, giovani promettenti, che in passato facevano fatica a emergere. Purtroppo c’è poco collante fra tutto ciò che avviene, ma la qualità dei singoli è notevole”. Un’esperienza interessante è quella della Bottega Cartura, che attraverso il riciclo della carta crea installazioni, oggetti di design e mille altre magie che trovano spesso spazio oltre i confini dell’isola. C’è anche la giovane agenzia Addd di Claudio Cocuzza ed Emanuele Fontana, che si occupa anche di design di abbigliamento e ha da poco realizzato una linea di t-shirt per la Madder Clothes di Modica, in provincia di Ragusa.

C’è una piccola e operosa editoria indipendente: Tribe Art è l’unica rivista siciliana a occuparsi esclusivamente di arti visive. Step1.it, nato come palestra di giornalismo all’interno della Facoltà di Lingue, racconta storie che la stampa ufficiale certe volte tace. L’associazione Lavori in Corso, che riunisce alcune di queste combattive realtà, produce periodicamente dossier molto interessanti. Infine, la movida. Nei mille localini del centro, si incontrano le energie migliori: La Chiave, la Sala Lomax, il Barbara Discolab, il Glamour, il rinato Clone Zone, le new entry Yoko Music Club e Annexia. Il negativo è la mancanza di coordinamento, il vuoto delle istituzioni.

Andrea Pennisi è un “rumorista-editore” e, assieme a Paolo Consoli, l’anima di Lapis, quindicinale di suoni e visioni che da 20 anni dà voce agli impulsi più vivi di questa terra. Si chiede se, in Sicilia e a Catania in particolare, “sia la sofferenza la chiave per tirare fuori la rabbia che permette di uscire dai cliché e di emergere, nei circuiti ufficiali o in quelli di nicchia”.

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