Da dove inizio? Dal fatto che Figure – Come funzionano le immagini dal Rinascimento a Instagram di Riccardo Falcinelli è un libro monumentale ed è il libro più importante – tra quelli nuovi in circolo negli ultimi anni, ma sarei propenso a sbilanciarmi anche di più – che si possa avere il piacere di leggere nel caso in cui si scelga, per lavoro o per diletto, di avere a che fare con le immagini, di essere fruitori di immagini, di essere creatori di immagini?

Prendo fiato un attimo per dire “no”, non inizierò da qui, perché questo – in modo diverso e sicuramente più argomentato – è stato già detto in lungo e in largo, nelle recensione della stampa al libro uscito lo scorso ottobre e anche nelle recensioni dei lettori (in calce, il link) in progress.

Inizierò quindi da un altro punto: dalla mia difficoltà a finire il libro. Dal fatto che l’ho interrotto due volte. Dalle 475 pagine. Dalle tonnellate di immagini. Dal peso che ha a tenerlo in mano mentre lo leggi a letto, sul divano, nella panchina della villa, in macchina. Dalla capacità – la sua – di farti scorrere le pagine nonostante quanto appena detto. Quindi sì, di questo libro bisogna aver paura per le dimensioni, per le informazioni che vi sono dentro, per quante cose non riuscirai – probabilmente – a trattenere e invece vorresti. Per tutte le orecchiette che farai. Una paura bella, che fa bene, che ti smuove.

Se penso a quanti ridicoli libri spiegano Instagram, sorrido perché la partita è – evidentemente – un’ altra. Una partita che parte, appunto, da lontano. Dal Rinascimento, almeno. Ma soprattutto il giocatore è un’altro e la differenza, toh, in un libro la fa la conoscenza dell’autore, la sua cultura, il suo spessore, la sua capacità di collegare e trovare riferimenti dove gli altri – noi normali – non li vediamo, la capacità di scrittura del testo, che qui vuol dire anche e soprattutto, sapere scegliere le immagini.

A questo punto avrei voluto fare quelle 30-35 domande che normalmente viene voglia di fare ad un autore quando leggi qualcosa che ti stende, quando guardi una serie che t’ammazza, quando ascolti un album che ti sfianca. Ma no, 30-35 no. Mi limito a 3 più un bonus che m’è scappato. Nella prima domanda la risposta di Riccardo Falcinelli mi ha fatto capire che l’avevo posta in maniera errata, tuttavia non ho sentito la necessità di rifarla, di sistemarla: ha centrato il punto, anche se io volevo andare da un’altra parte. Bene così, direi…

Riccardo, provando a generalizzare un po’, sei d’accordo se dico che nelle “immagini” contemporanee l’estetica ha vinto sulla funzione?

Ma no, direi di no. È sempre l’uso e il funzionamento che ne decretano l’interesse e il successo. In fondo, se pensiamo, a Instagram è proprio la funzione che decide tutto. Mi spiego: selfie + personaggio noto + catchphrase sono funzioni e non hanno un rapporto diretto con l’estetica che viene solo dopo.

FIGURE è un libro molto denso, ricchissimo di riferimenti, di nessi pieni di senso, ma che scorre velocemente. Volevo capire quanto tempo c’hai messo a scriverlo e se ad un certo punto hai pensato di farlo così o se è un lavoro che nasce nel tempo e che trova una forma finale nel libro.

È un lavoro che nasce nel tempo. I primi appunti risalgono a vent’anni fa. Poi, certo, il lavoro reale è degli ultimi tre o quattro anni: per esempio l’idea di incastrare testo e immagini in un flusso unico, simile a un talk, mi è venuta due anni fa: stavo cercando la lingua giusta e a un certo punto ho pensato che per farlo funzionare dovevo immaginare di stare “sceneggiando” un documentario. A quel punto è nato “Figure”, quando ho capito che non dovevo adeguarmi al tono corrente della saggistica d’arte.

Se tu potessi andare a cena con un pittore e un fotografo d’altri tempi, quindi non viventi, con chi faresti questa cena a tre e che domanda rivolgeresti a l’uno e all’altro?

Nadar e Doré. In modi diversi hanno inventato la figurazione moderna agli albori della cultura di massa: a me interessa sentir parlare chi dell’arte ha fatto un mestiere e come ci è riuscito, quanto ha guadagnato, come faceva affari con i clienti e i committenti. Gli aspetti strettamente artistici mi incuriosiscono meno, anche perché do per scontato che siano grandi artisti.

Bonus track: te l’avranno chiesto mille volte, ma qual è la copertina di un libro (di qualunque epoca) che avresti voluto realizzare tu?

“Piccolo Blu e Piccolo Giallo” di Leo Lionni. Avrei voluto proprio scrivere quel libro. E poi qualsiasi copertina di Harper’s Bazaar ai tempi di Brodovitch.

Un po’ di link, per non finire qui: