Trenta virgola otto metri esatti. La Sanjunoto Pagoda si staglia contro il cielo come un oggetto fuori scala, meticolosamente costruito per sfidare il tempo più che per piacere agli uomini.

Tre piani impilati in un equilibrio che sembra impossibile, con i tetti inclinati verso l’alto in curve precise, come ideogrammi tracciati nell’aria. Ricostruita nel 1633, sotto il governo di Tokugawa Iemitsu la pagoda sopravvive alle epoche più per ostinazione che per caso.

Camminando ai suoi piedi si sente quasi il peso delle generazioni che l’hanno guardata in silenzio. Anche ora, nonostante la folla lenta che si muove lungo il sentiero, il silenzio resta intatto, come se l’aria stessa imponesse rispetto, e lo sguardo naturalmente sale, segue le linee dei tetti e si perde nella luce.

Poi, durante il tramonto infuocato, la vista si apre abbagliante sull’intero complesso del Kiyomizu-dera, fondato a Kyoto nell’anno 778, e l’aria si riempie di un senso strano: quello di camminare dentro una storia troppo grande per essere capita davvero.